"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

venerdì 16 dicembre 2011

Comportamenti che "uccidono"

Anche i comportamenti sono una minaccia alla sicurezza?
 Possono norme e dispositivi indirizzare i comportamenti?
Il 26 Maggio 2010 si consumò a Milano l'ennesima tragedia su lavoro: un operaio precipitò, morendo, in un pozzo del cantiere del grattacielo Garibaldi-Republica.
Il Corsera del 15 Dicembre scorso riporta una notizia sorprendente, a detta del cronista: oltre i datori di lavoro, sono stati chiamati a giudizi anche due colleghi dello scomparso, rei di aver avuto un comportamento "pericoloso".
Attenzione, il mio scopo non è quello di strumentalizzare, per motivi ideologici o altro, un episodio così grave, ma fare alcune considerazioni su una realtà ormai chiara a tutti: non siamo ancora in grado di comprendere le cause alla base dei comportamenti.
Con conseguenze drammatiche, la morte delle persone, o semplicemente costose, le resistenze al cambiamento.
Perchè?

 Due persone hanno provocato la morte di un loro collega. Certo non di proposito, ma il risultato non cambia.
Il magistrato, oltre a chiamare in causa la catena di posizioni formali che le norme chiamano in causa, ha coraggiosamente messo il dito su un punto importante: un comportamento di colleghi potrebbe aver causato la morte dell'operaio. I comportamenti possono uccidere. Ma le persone non vogliono uccidere i loro simili.
Dunque?
Serviranno nuove norme di legge? Bisognerà somministrare maggiori ore di formazione? Stilare più dettagliate ed esaustive procedure operative di cantiere? O Semplicemente sanzionare preventivamente con maggior determinazione i trasgressori?
Sappiamo bene che nessuna di queste iniziative è quella giusta, anche perchè vanno tutte nella stessa direzione: quella razionale. E razionalmente nessuno vorrebbe mai far del male ad altre persone, ciò nonostante questi episodi accadono.
E' allora evidente che indirizzare questo ambito esclusivamente dal punto di vista razionale (norme, procedure, sanzioni, "formazione", ecc.) non basta.

Come si fa allora ad intervenire sui comportamenti oltre alla sfera razionale?  Perchè non se ne parla mai o ci si limita a ridurre tutto ad una questione di variabili nascoste (di Einsteniana memoria) da rivelare?
E' un'area totalmente scoperta, dove faticosamente si tenta di muovercisi (ancora razionalmente come con gli approcci BBS, Dupont, Shell, ecc.) e, a fronte di risultati marginali, non ripetibili o discontinui, si lascia il campo gettando la spugna e abbandonandosi alla fatalità, etichettando tali incidenti come "Morti bianche".

Siamo convinti invece che il "problema" risieda esclusivamente nell'ambito delle conoscenze che vengono utilizzate, sempre le stesse, ignorando l'esistenza di "altre", seppur disseminate in mille discipline diverse, che possono fornire indirizzi per affrontare con efficacia questa importante materia.
E allora perchè non avventurarsi in questi territori e aprire un serio dibattito alla ricerca di approcci per dissinnescare i comportamenti che uccidono invece di occuparsi solo di normative, apparecchi, misure, procedure che occupano il 90% del tempo degli addetti al tema? Forse perchè la sicurezza dei colleghi, una volta che abbiamo fatto il nostro lavoro e messo a "norma" l'azienda ma nonostante tutto le gente muore lo stesso, è affar loro?

Non è forse ora di affrontare il tema nella sua globalità e inziare ad avventurarsi seriamente nella comprensione dei "comportamenti" ?

Luciano Martinoli
l.martinoli@cs-crescendo.com

1 commento:

  1. Caro Luciano,
    sono completamente d'accordo con te. Chi ha affrontato tematiche relative alla comunicazione con una visione più aperta possibile sa quanto possano essere incisive e potenti le "altre" discipline. Fuori dai nostri confini le statistiche e le ricerche scientifiche in questa direzione dimostrano da molti anni quello che potremmo fare se solo volessimo cominciare a lavorare non solo sul "razionale". I metodi ci sono, le evidenze scientifiche anche, ma perché è così difficile proporre questi approcci? Perché quando ci si prova bisogna stare attenti a come si parla per non essere presi per visionari? Esiste solo quello che si tocca? Il dibattito della ricerca è aperto da anni ma in Italia temo arriveremo più tardi. Nel frattempo il rischio di fatti come quello che ci hai evidenziato, sarà sempre alto.
    Ciao

    PS: rilancerò il tuo interessante post dalla mia pagina. Grazie per lo spunto di riflessione.

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