"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
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martedì 24 gennaio 2012

Edipower: ma che ne sanno avvocati e banchieri?!


di
Francesco Zanotti

Leggo sul Sole 24 Ore di oggi (prima pagina Finanza e Mercati), un articolo di Simone Filippetti sul caso Edipower dal titolo “Ora il mercato chiede coesione”.
L’Autore sostiene che “avvocati e banchieri stavano limando i dettagli dell’agognato accordo su Edipower”. Ma accordo su cosa? Ma un accordo sulla Governance, perbacco …
Purtroppo si parla di una Governance che riguarda la distribuzione del potere. Come se Edipower fosse una eterna burocrazia, il cui unico problema è a chi si lascia il potere di dominarci sopra.
Ma non si rendono conto che parlare di potere su di una organizzazione così complessa è infantile?
Innanzitutto è circa un anno che si sta litigando su chi conquista il potere. In questo anno cosa è accaduto dell’organizzazione? Banale: ha seguito un suo processo di evoluzione autonoma che, proprio perché non è gestito, avrà generato mille gruppi auto riferiti con ideologie contrapposte su come sia e debba essere l’organizzazione. Il vertice che prenderà il potere non può sapere nulla di questa evoluzione. Ciononostante, appena si sarà insediato, inizierà a dare ordini pensando di essere ubbidito. Ma, innanzitutto questi ordini saranno molto generali, tanto da sembrare retorici. Dovranno essere concretizzati, trasformati in comportamenti, dalle persone che operano sul campo. Ma ognuno le interpreterà, anche nell’ipotesi (non scontata) della massima buona fede, a modo suo in un modo non prevedibile.
Provo ad usare una metafora. Chi pensa che il problema sia disporre del potere perché, poi, con il potere può gestire una organizzazione, è come colui che si immagina che, vuotando un bicchiere di vino in una tinozza d’acqua, il vino se ne stia buono buono, compatto compatto in un angolo della tinozza. Assurdo! Il vino si mischia con l’acqua in un modo che dipende dal tipo di acqua e dalla forma della tinozza. Così accade nell’organizzazione: l’ordine entra nella mente e nei cuori delle persone ed anche se fosse un ordine preciso (e il vertice non riesce a dare ordini precisi come specifici comportamenti) si mischierebbe nella tinozza della mente delle persone in un modo che dipende dallo stato complessivo delle idee e delle emozioni delle persone.
Occorre attivare un coinvolgimento progettuale profondo per progettare la nuova organizzazione con le persone. Dovrebbero spingere in questa direzione soprattutto gli azionisti. Purtroppo l’ostacolo è il ruolo egemonico di avvocati e banchieri che nulla sanno di processi di sviluppo dell’organizzazione.

1 commento:

  1. Pubblico con piacere il commento di Billy De Vita:
    Se ti riferisci alla utilità della condivisione ampia della visione e, quindi, delle strategie dell'impresa, non posso che essere d'accordo.
    Un analista di esperienza è ovviamente cosciente che le pratiche di gestione del potere non vanno interpretate come se il contesto, l'azienda, fosse dotato di una unitaria, coesa e determinata volontà di perseguire l'ovvio obbiettivo di una impresa. Nel senso che ogni uomo ha un suo obbiettivo. Sintetizzo evidenziando come spesso e in molte aziende, il top manager dura 4/5 anni e il suo "progetto" è prepararsi al prossimo migliore incarico. Se aggiungiamo che il banchiere e l'avvocato hanno una propria visione e missione...la distanza tra buona logica del ben fare impresa e l'azione pratica dei singoli detentori di potere decisionale, può essere a dir poco da maratoneta!" o no?

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