"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

lunedì 10 dicembre 2012

Ma la conoscenza è importante o no?



Intervista di Francesco Zanotti a Vito Mangano

Ci spostiamo stavolta su Roma per intervistare il dott. Vito Mangano, Responsabile delle risorse umane e della qualità di Aeroporti di Roma, una realtà aziendale unica al mondo. E’, infatti, l’unica Società totalmente privata che gestisce un’infrastruttura aeroportuale di considerevoli dimensioni. Un’anomalia che potrebbe trasformarsi in opportunità guidata dalle persone dell’azienda stessa… con le opportune conoscenze.
Ma, andiamo con ordine.

Zanotti
Dott. Mangano, stiamo stimolando un dibattito su un’opzione che a noi sembrava scontata, ma che alla prova dei fatti si è dimostrata controversa. L’opzione è: ma è importante la conoscenza? 
Le risposte che stiamo raccogliendo sono dubbiose …

Mangano
Anzitutto le chiedo di precisare: di quale conoscenza si tratta?

Zanotti
Giusto! La passione del dibattito mi ha fatto dimenticare di precisare che si trattava delle conoscenze strategico-organizzative. La domanda formulata più precisamente è: ritiene siano importanti per il manager le conoscenze strategico-organizzative?

Mangano
Ora comprendo meglio il senso della sua domanda. Sono sorpreso nell’apprendere che si possa pensare che la conoscenza non serva o debba avere un ruolo di secondaria importanza. La conoscenza, mi permetta di generalizzare, è centrale non solo per il nostro lavoro ma per qualsiasi attività umana.

Zanotti
La motivazione di coloro “contro la conoscenza” è che sono in “tutt’altre faccende affaccendati”. Il crescente impegno dovuto alla sempre più difficile contingenza che stiamo vivendo impedisce di dedicarsi alla speculazione. Occorre votarsi alla massima concretezza. Sembrerebbe che si richiamino all’autorità di Aristotele ”primum vivere, deinde philosophare” … Ma io penso che sia proprio il rifiutare le conoscenze esistenti che fa della loro azione una sorta di “complicazione degli affari semplici”…

Mangano
Detta così mi è chiaro chi sostiene questa tesi: coloro i quali ritengono che la vita inizi e termini dentro l’azienda, dimenticando quanta ricchezza c’è fuori dai suoi confini e come sia utile confrontarsi. Chi non accoglie questo punto di vista non è capace di guardarsi intorno, di cambiare, di portare innovazione. Io non mi fiderei della professionalità di persone con queste caratteristiche.

Zanotti
Mi permetta di precisare ulteriormente. Debbo riconoscere che la conoscenza strategico-organizzativa esistente è certamente intensa e profonda, ma è dispersa in mille scuole, immagini. Allora noi abbiamo sintetizzato in una mappa le conoscenze strategico-organizzative più autorevoli. Mi permetta di illustrargliela … Che effetto le fa?

Mangano
Innanzitutto m’incuriosisce; per un’azienda, però, tale mappa rimane qualcosa di complicato e di distante. E’ importante disporre di una solida base teorica, ma è altrettanto necessario declinarla in metodologie e strumenti concreti e agevoli da utilizzare.

Zanotti
Ecco, questo è stato proprio il secondo passo che abbiamo fatto. Abbiamo costruito una sintesi delle conoscenze strategico-organizzative mappate e ne abbiamo ricavato una metodologia del tutto inedita per governare l’organizzazione e il suo sviluppo.

Mangano
Credo che il percorso intrapreso sia di sicuro interesse. Mi lasci aggiungere un’osservazione volta ad integrare la vostra prospettiva. L’azienda spesso viene intesa come il luogo del fare e non del pensare; a mio avviso questa è una dicotomia pericolosa. Il pensare è attività insita nell’uomo, quotidiana, non si può porre una netta separazione tra i due elementi. Il pensiero alimenta il fare: più è profondo e più è fecondo di comportamenti efficaci. Questo è un principio che deve permeare l’intera organizzazione aziendale e in particolare le funzioni, come quella RU, che contribuiscono per ruolo al cambiamento culturale, aspetto indispensabile per sopravvivere sui mercati. A volte la Direzione RU limita la propria attività all'obiettivo di breve, complice anche la congiuntura economica, dimenticandosi di alzare la testa per guardare in avanti e pianificare le azioni utili per affrontare le sfide future.

Zanotti
Quale dovrebbe essere allora l’evoluzione della Direzione delle Risorse Umane.

Mangano
Forse risponderò a questa domanda in maniera non del tutto tradizionale, poiché la mia formazione manageriale si è svolta anche in ambiti diversi da quelli delle Risorse Umane, avendo pure ricoperto ruoli gestionali di linea fino a quello di Amministratore Delegato di una realtà di più di tremila persone. Secondo me la Funzione RU ha un senso se riesce a dare un contributo concreto e misurabile al conto economico dell’azienda, nonché a mettere a disposizione strutture organizzative e competenze adeguate. Ciò è possibile soltanto se le persone delle RU conoscono approfonditamente il business di riferimento e contribuiscono con capacità, metodi e strumenti propri del ruolo a far sì che l’azienda produca beni e/o servizi competitivi. Una Funzione del personale intelligente e al servizio dell’organizzazione deve tendere al suo annullamento, cioè ad integrarsi pienamente nell'attività svolta dalle Linee di business senza alcun distinguo, trasferendo le proprie competenze ed esperienze. Mi rendo conto di esprimere un concetto sopra le righe, una boutade, ma questa è la base culturale sulla quale innestare e sviluppare il ruolo della Funzione risorse umane. Rimane l’area delle relazioni industriali, da non sottovalutare e da presidiare con molta attenzione per i suoi risvolti sia sul costo del lavoro sia sul livello di consenso collettivo.

Zanotti
Ritornando all’obiezione di molti manager dell’urgenza sull’oggi che brucia la risorsa tempo per occuparsi del domani…

Mangano
Parafrasando uno slogan pubblicitario di parecchi anni fa: è sempre l’ora di pensare al domani. Congiuntura economica negativa o no, chi non pianifica il futuro ha già perso nel presente, dunque non sprechi energie, tempo e denaro.
Purtroppo vedo le classi dirigenti troppo occupate a pensare all’oggi: questo mi fa temere per il domani.


Zanotti
Due sono le caratteristiche di fondo della nostra metodologia che, spesso, sorprendono. La prima è l’assenza dell’analisi. La seconda è l’enfasi sul linguaggio. Oggi sembra oramai assodata l’esigenza di partecipazione e condivisione. Ma si tratta di un’esigenza difficile da soddisfare. E’ difficile ricavare consenso dalla partecipazione. E’ ancora più difficile fare mettere in pratica quanto si è deciso.
Noi pensiamo che questi problemi possano essere risolti suggerendo l’uso di un nuovo linguaggio a coloro che si vogliono coinvolgere nel costruire nuovi futuri. Così tutti vengono strappati dalle loro ideologie personali. E considerando i momenti di partecipazione progettuale come momenti centrali della gestione e non eccezioni che vivono nella realtà virtuale della formazione.

Mangano
Certo sarebbe necessario approfondire il tema, ma quest’intuizione sollecita curiosità e positività. In particolare mi fa venire in mente una mia vicenda professionale che mi ha convinto dell’inutilità di pedanti manuali comportamentali dedicati ad ambiti professionali che non abbiano impatti diretti sulla sicurezza di persone o di strutture sensibili. Quando ero a capo di un’organizzazione che erogava servizi di front line, c’era un direttore generale che voleva a tutti costi orientare i comportamenti delle persone con manuali dettagliatissimi, per garantire uno standard omogeneo di servizio. Ovviamente questa modalità non ottenne i risultati sperati; chiamammo allora un guru americano per capire le ragioni del fallimento. Egli, dopo una fase di esplorazione diretta dei comportamenti dei nostri dipendenti, ci suggerì di lasciar perdere ogni approccio prescrittivo, perché sostanzialmente contrario alla nostra cultura. Il personale che egli aveva osservato, aveva tutte le competenze e la professionalità necessarie per soddisfare il cliente: occorreva solo stimolarne la consapevolezza e l’autonomia. Forse la nostra cultura era già un linguaggio comune per il nostro scopo

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