"Non è la mente l'origine dell'uomo, sono le passioni che originano tutto, anche il pensiero. E' il sentimento il seme dell'uomo, sono l'amore, la passione." (M. Tobino)
E' "vero" tutto ciò che ci piace e che decidiamo insieme agli altri che sia vero

sabato 26 novembre 2016

Consulenza: una offerta spezzettata, eterogenea e conflittuale

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per consulenza


Ho provato a fare un censimento dell’offerta di consulenza sui temi della organizzazione e delle risorse umane.
Si tratta di una offerta spezzettata, eterogenea e conflittuale.

Offerta spezzettata.
Nel senso che vi sono una miriadi di offerte che riguardano temi specifici non integrati tra di loro.
Un elenco provvisorio che ciascuno può arricchire.
Vi sono offerte che riguardano singole variabili individuali. Ad esempio: le emozioni, le diverse competenze manageriali, l’empatia, gli interessi, i valori. E non esiste una proposta che le integri.
Vi sono offerte che riguardano singole issue organizzative. Ad esempio: la qualità, l’efficienza, l’etica, il benessere, la sicurezza, il clima, la compliance etc. E non esiste una proposta per gestirle tutte insieme. Come non esiste una proposta complessiva che riguardi, insieme, issue individuali ed organizzative.
Vi sono, da ultimo, proposte che riguardano i processi. Ad esempio: teatro, story telling, outdoor, 5S, complessità, esperienze eccellenti, reti sociali. Ma non sono collegati né ad issue organizzative, né individuali.

Offerta eterogenee
Tutte queste proposte sono ispirate da sistemi di conoscenze tra di loro non omogenee. In particolare vi sono proposte dal sapore decisamente postmoderno e altre dal sapore strettamente moderno. Mentre, me lo si lasci dire, non vi sono proposte costruttiviste, cioè coerenti come la visione strettamente costruttivista degli imprenditori.

Offerte conflittuali
A causa della loro parzialità e della loro eterogeneità culturale sono inevitabilmente conflittuali. Banalmente: non si possono realizzare tutte insieme. Per tempi e costi: se si realizzano tutte queste proposte poi non si lavora più. Il realizzarle tutte insieme ha un costo insostenibile. Non si possono realizzare tutte insieme perché sono culturalmente eterogenee. Non solo, quindi, non sono integrate, ma non si possono integrare.

Purtroppo il fatto che l’offerta sia spezzettata, eterogenea e, quindi, conflittuale porta i consulenti ad essere commercialmente aggressivi. Questo non li aiuta certo commercialmente, ma mette in posizione di difesa il management che dovrebbe comprare. 

domenica 20 novembre 2016

Viva il MBNI (Management By Neglecting and Ignoring)

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per non ti vedo non ti sento non ti parlo

Noi pensiamo all’essere umano come ad una cosa che ha caratteristiche misurabili. In un post scorso ragionando di fisica ho sostenuto che tutte le caratteristiche dell’uomo (talenti, valori, competenze) sono costruite contestualmente. Oggi sostengo che se non sono costruite, emergono da sole, ma non sappiamo come. Che ne pensano manager e consulenti che le vogliono misurare o “modificare” per adattare alle loro esigenze le persone?


La fonte è il saggio “Outlining the Terrain of Autopoietic Theory” di John Brocklesby pubblicato nel volume “Autopoiesis in Organization Theory and Practice” pubblicato da Emereld.
L’autore scrive che (la traduzione è mia) “ … poichè gli “oggetti” emergono nel linguaggio, nozioni come “il sé”, “la mente”, la “personalità” (aggiungo: valori, competenze etc.) sono anche loro relazionali. Come tali essi emergono da specifiche circostanze contestuali. Non sono “iscritte” nella fisicità dell’uomo. Se si rimuove il contesto relazionale e, per tutti gli “usi” che si possano immaginare, non esistono. Togli tutta la ralazionalità e rimane un’entità biologica “deumanizzata”.”.
Ed ora andiamo pure con ostinazione a vendere analisi del clima, della competenze, dei valori … Che ce frega se un crescente insieme di conoscenze ci dice che tutte queste analisi (misure) analizzano solo fantasmi che scompaiono quando è finita l’analisi (la misura). Tanto noi queste conoscenze non le abbiamo e speriamo ardentemente che non le abbiano neanche i manager.
Viva il MBNI (Management By Neglecting & Ignoring).




sabato 12 novembre 2016

Il primo comandamento del cambiamento: obiettivi chiari. Ma va là …

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per obiettivo mancato

Inizio da oggi una serie di post francamente antipatici anche per chi li scrive: smontano. Smontano l’attuale ideologia del cambiamento. Ma, arrivati a questo punto, non ci possiamo più permettere di  tentare di sopravvivere inseguendo leggende metropolitane a spese delle imprese.
In pratica, smonterò una serie di principi che vanno per le maggiore e che non hanno uno specifico autore: sono comuni leggende metropolitane. Oggi tocca agli obiettivi. Si pensa debbano essere chiari e condivisi. Ma è impossibile che lo siano …

La leggenda metropolitana di oggi è la seguente:

Abbi un obiettivo chiaro per il cambiamento proposto,
che abbia senso chiaro, comprensibile e condivisibile dalla tua gente.
Sono le tue motivazioni a muovere il mondo intorno a te.

Allora, innanzitutto non si capisce cosa riguardi questo obiettivo. E’ la ragione per cui si cambia o è il cambiamento da realizzare? Se si intende la ragione per cui si cambia, o è una ragione economico finanziaria, oppure ognuno ha la sua e deriva dalla sua situazione esistenziale complessiva che certamente non è conoscibile dall’esterno.
Se si intendono i pezzi di organizzazione da cambiare, beh è impossibile descriverli significativamente.
Innanzitutto, non si può descrivere come cambiare le singole persone, neanche una loro parte come possono essere i valori e le competenze perché non si sanno quali siano né gli uni né le altre. Non esistono “valorometri” o “competenzometri”. E quando si cerca di usare quegli strumenti che pretendono di esserlo, si scopre che sono “quantistici”: creano, nel contesto virtuale del processo di misura, i valori o le competenze che poi dichiarano di aver misurato.
Lo stesso vale per l’organizzazione. Si possono cambiare organigrammi e procedure. Ma queste sono solo una parte dell’organizzazione e non hanno significato autonomo: dipende come vengono usate. E il “come vengono” usate dipende dal sistema di relazioni informali e i sistemi autopoietici che proprio esse generano.
Non hanno senso operativizzabile (non si sa di cosa sono fatti e come vengono utilizzati) “oggetti” come “clima” e “cultura”. E tanto meno esistono “climatometri” o “culturometri” per misurarli. E vale lo stesso discorso fatto per gli strumenti di misura delle persone: se si usano quelli esistenti si scopre che evidenziano, ad esempio, non il clima aziendale, ma il clima che ha generato il processo di misura del clima.
Quindi? Quindi nulla … L’ho detto che sarebbero stati  post “antipatici”: solo di contestazione. Perché questo solo può essere un vero punto di ripartenza. D’altra parte di proposte alternative è pieno il blog …

domenica 6 novembre 2016

Oggi è meglio la pratica della teoria. Ma non basta!

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per cultura manageriale

Gli imprenditori e i manager di successo usano una conoscenza inconscia generata dell’esperienza che è molto meglio delle attuali teorie manageriali. Ma oggi questa conoscenza inconscia non basta più. O costruiamo una nuova cultura manageriale o ci vedremo crollare addosso il mondo economico-finanziario.

E’ deprimente il parlare con gli innovatori manageriali. Arrivano da te con l’ultima pensata, carichi di entusiasmo, ma ti raccontano qualcosa che è nato da disagi digestivi notturni o dalla lettura di qualche presunto guru, ovviamente d’oltreoceano. Se gli chiedi “Ma nello sviluppare questa tua teoria hai tenuto conto delle “scoperte” che sono emerse nelle diverse scienze naturali ed umane?” scopri che non capiscono neanche la domanda.

Per fortuna la saggezza di molti manager permette loro di non dare corda agli innovatori banali. Purtroppo, però, il fatto che vengano esposti alle questue degli innovatori di domeniche a piedi (senza veicoli per navigare nel mare della conoscenza) li porta alla convinzione che non esiste un pensiero manageriale utile. E, purtroppo ancora, l’esperienza che fino ad oggi ha supplito alla mancanza di teoria non basta più: non si può costruire un nuovo sviluppo usando la conoscenza inconscia che è servita a gestire le imprese che sono nate dalla fase di sviluppo precedente.

E’ allora quanto mai necessario ed urgente costruire un nuovo pensiero manageriale che usi tutte le migliori conoscenze sviluppate nelle diverse scienze naturali ed umane.
Gli innovatori delle domeniche a piedi non si preoccupino: potranno usare anche loro questo nuovo pensiero manageriale.



venerdì 4 novembre 2016

Prima i premi e poi i risultati

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per premio produzione

Si pongono gli obiettivi e si dichiarano quali sono i premi che si daranno al raggiungimento dei risultati… Invertite il rapporto. E’ antropologicamente più efficace.

Innanzitutto, il definire obiettivi individuali (se i primi sono individuali anche gli obiettivi devono esserlo) è una sciocchezza strategica, perché si spezza l’unità dell’impresa in tante parti che si immagina si sommino generando il tutto. Ma questo non è vero: quando si sono individuate parti (quelle a cui si collegano gli obiettivi), queste si mettono da sole in competizione, altro che “sommarsi”.

Ma allora come “motivare”? Distribuendo prima i premi. Poi le persone si sentiranno in dovere di rispondere con energia, fantasia, collaborazione e flessibilità. Otterrete risultati più rilevanti di quelli che avreste messo come obiettivi.

mercoledì 2 novembre 2016

Per risolvere la guerra al Vertice INPS

di
Francesco Zanotti

Si tratta della guerra tra il Presidente dell’INPS Tito Boeri e … quasi tutti: dal suo Direttore Generale al Ministro del lavoro. Qualche idea per risolverlo.

Quando si scatena un conflitto, la prima cosa da fare è dire ai contendenti che non esiste alcun caso noto in cui la ragione stia solo da una parte.
Sempre esistono visioni diverse. Spesso esse scatenano conflitti. Ma accade perchè ognuna di questa visioni diverse pretende di essere quella vera.
Allora la prima cosa da fare di chi di competenza (il Governo) è di prendere le due parti e imporre loro di piantarla con il pensare ideologico. Ad esempio, il Governo potrebbe suggerire ai contendenti di provare a sostenere le tesi dell’avversario per un paio di giorni invece delle proprie. Alla fine dei due giorni potrebbe chiedere ai contendenti di scrivere una sintesi delle tesi in conflitto. Se si rifiutano di fare queste cose, beh li butta fuori tutti e due a nome di noi tutti che ci siamo stancati di vedere grande organizzazioni in balia di fanciulli litigiosi.

Certo che se il Governo di mette anche lui a fare polemica, siamo proprio nei guai ..